Turismo ed economia italiana: come il Paese trae profitto dalla bellezza

di Ottavia Cirillo

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Oggi mi trovo in Piazza del Duomo a Milano, a guardare folle di turisti che scattano foto della cattedrale. E penso: il turismo non è solo un settore per l’Italia. È la nostra ancora di salvezza economica, il nostro orgoglio e la nostra vulnerabilità.
Prima della pandemia, il turismo contribuiva a circa il 13% del PIL italiano. Oggi, questa cifra è di nuovo in crescita: si prevede un numero record di turisti nel 2026. Ma non è tutto rose e fiori: Venezia e Firenze, sovraffollate, soffrono di “sovraturismo” e gli abitanti sono costretti ad abbandonare i centri storici a causa dell’aumento dei prezzi delle case.
Il governo sta cercando di trovare un equilibrio. Sta introducendo tasse di soggiorno, restrizioni su Airbnb e programmi per sviluppare il “turismo lento” in regioni come Umbria, Basilicata e Molise. L’obiettivo è distribuire il flusso turistico e sostenere le aree interne.
Per i piccoli centri, il turismo è un’ancora di salvezza. In luoghi come Alberobello o le Cinque Terre, senza turisti, non ci sarebbe lavoro. Gli abitanti del posto stanno aprendo affittacamere, vendendo olio d’oliva e organizzando tour. Non si tratta di un’attività di massa: è un’esperienza personale e autentica.
Allo stesso tempo, la domanda di turismo ecologico e culturale è in crescita. I turisti vogliono andare oltre la semplice “visita al Colosseo”, comprendere la storia, assaggiare la pasta autentica e partecipare alla vendemmia. Questo va a vantaggio di tutti: sia degli ospiti che dei gestori.

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